di Carlo Barbagallo
Lo dice l’Istat che siamo sempre più poveri in Italia, ma l’ottimismo del premier Matteo Renzi fa dimenticare lo stato negativo delle cose, così come si fa dimenticare il divario fra nord e sud che i decenni non sono riusciti a colmare. Ci si accorge che “qualcosa” non funzione nel Meridione quando accadono tragedie come quelle di Andria che, all’improvviso, fanno scoprire che al Sud le ferrovie sono antiquate e non sicure. Nessuno, però, fa caso che “scendendo” giù verso quell’isola che si chiama “Sicilia” le condizioni sono ancora peggiori.
L’Istat ha stimato che le famiglie in condizione di povertà assoluta sono un milione e 582 mila e le persone che versano in situazione di assoluta precarietà 4 milioni e 598 mila. La povertà colpisce maggiormente chi vive in città, le persone fra i 45 e i 54 anni e gli operai. In aumento la povertà assoluta tra le famiglie con quattro componenti (dal 6,7 del 2014 al 9,5 per cento), e soprattutto nelle coppie con due figli (dal 5,9 all’ 8,6 per cento). La povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con quattro componenti (dal 14,9 del 2014 al 16,6 per cento) o 5 e più (dal 28,0 al 31,1%). La povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (dal 14,9 del 2014 al 16,6% per cento) o 5 e più (dal 28,0 al 31,1 per cento). Peggiorano anche le condizioni delle famiglie con membri aggregati (23,4 per cento del 2015 dal 19,2 per cento del 2014) e di quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (29,0 per cento dal 23,9 per cento del 2014), soprattutto nel Meridione (38,2 per cento dal 29,5 per cento del 2014) dove risultano relativamente povere quasi quattro famiglie su dieci.
È il balletto dei numeri che indica in maniera fredda uno stato di malessere che non compare in maniera appariscente, ma che inevitabilmente provoca instabilità. Questi “numeri” (o “dati”, chiamateli come volete) indicano (anche se non tanto chiaramente) le ragioni di conflittualità che sempre più spesso si determinano nei confronti dei migranti/profughi per la cui accoglienza vengono spesi milioni e milioni di euro, mentre poco o nulla viene fatto per fronteggiare le pesanti situazioni interne del Paese. A Renzi, alla Boldrini e a quant’altri, più o meno giustamente, caldeggiano la presenza di migliaia e migliaia di fuggitivi che approdano in Italia, non viene in mente che sarebbe opportuno pensare “anche” agli Italiani che vivono in condizioni disperate?
Simona Spetia scriveva lo scorso anno: (…) una misurazione solo economica forse non basta. Per dirla con Angus Deaton, «è come inseguire un unicorno nel bosco», perché la povertà è anche assenza di acqua potabile, di cure mediche, di cibo adeguato. Mentre nei Paesi emergenti la povertà diminuiva, aumentava nelle economie avanzate, come l’Italia. Le persone in povertà assoluta (dati Istat, 2014) sono il 6,8% della popolazione, circa 4 milioni. Ma il calcolo è diverso: si prende un insieme di beni che consenta una vita accettabile e, se una famiglia non ha abbastanza soldi per comprarli, è considerata povera. Sono 7.800.000, invece, le persone in povertà relativa, ossia in relazione alla spesa media degli altri italiani.